“Étienne Decroux (1898-1991) è un precursore.
Mentre il teatro contemporaneo non cessa di liberarsi dalla sua dipendenza letteraria per rigenerarsi alla sorgente del corpo, la ricerca di Decroux incentrata sulla mobilità espressiva dell’attore si fa sempre più attuale. La sua opera emerge dal vasto slancio innovatore che attraversò l’Europa all’inizion del secolo scorso in cerca di un maggiore plasticità dell’arte scenica e i cui protagonisti più significativi furono A. Appia. E.G. Craig, J. Copeau, V. Meyerhold, O. Schlemmer e A. Artaud.
Laddove altri si sforzarono di estendere l’eloquenza dell’attore alla dimensione fisica della recitazione, Decroux rinunciò alla parola per tornare all’essenzialità del corpo. Laddove altri enunciarono teorie e apriranno le vie della sperimentazione, Decroux affrontò la pratica teatrale nei suoi fondamenti, convinto che la nascita di un nuovo teatro richiedesse in primo luogo la nascita di un nuovo attore. Ai diktat dell’autore egli oppose la sua concezione del “poeta-ginnasta”, capovolgendo la sacrosanta triade drammaturgo-regista-interprete per promuovere l’attore al rango di creatore. Ma soprattutto, forgiò su se stesso la disciplina necessaria a questa rigenerazione dell’arte teatrale. Come Stanislavskij, fu il primo apprendista del proprio metodo.
Voleva modellare un attore corporeo per costruire un teatro del corpo”.
Yves Lebreton

Edizioni Titivillus
Traduzione di La Statuaria Mobile, Azioni, Epilogo, Note biografiche: Clelia Falletti e Caudia Palombi.

Autrice: Rita El Khayat
Traduzione: Claudia Palombi

“Io sono un soggetto o un oggetto colonizzato, pertanto era inevitabile che un giorno sentissi un bisogno intenso e ribelle di dire che ne penso”
Èmico: “Si dice del valore funzionale distintivo che i fatti culturali assumono all’interno dei rispettivi sistemi; si contrappone a etico” (Dizionario italiano Garzanti, 2005).
Questo libro propone un punto di vista diverso sul cosiddetto “scontro di civiltà”: il punto di vista di una persona che vive sulla propria pelle tutte le conseguenze del colonialismo occidentale. L’autrice scaglia un j’accuse al razzismo e al colonialismo occidentali: una risposta indignata e fiera a chi pensa dogmaticamente, da entrambe le parti, che la verità sia una sola.
“La Conferenza di Durban che si è tenuta dal 2 al 9 settembre 2001 era la terza sessione delle Conferenze mondiali contro il razzismo organizzate dall’unesco […]. Era il 2001… il vertice terminò il 9 settembre 2001, nell’indifferenza generale sulle cocenti questioni dei paesi detti ‘emergenti’. Nessuno lo associò all’11 settembre 2001, 48 ore più tardi!”.
“Io non lavoro, non scrivo, non faccio conferenze e non comunico per amore dei soldi o del potere, perciò ho lo stile aguzzo e spesso arcigno e scostante delle persone tese in uno sforzo che non riescono a concretizzare”.

 

Editore: Avagliano
Collana: I cardi
Data di Pubblicazione: luglio 2008
Pagine: 203
Formato: brossura

Nella foto: Rita El Khayat e Claudia Palombi

Parole sul mimo

Peter Brook

Da Timone d’AteneLa TempestaIl regista e il Cerchio

di Georges Banu , Edizione La Casa Usher, Firenze, 1994

Traduzione di Claudia Palombi